Breve storia della Chiesa di S. Andrea
La chiesa di S. Andrea si affaccia su “piazza dei Consoli del Comune” nel centro storico di Savona.
Una precedente chiesa del XII secolo (abbattuta per edificare l’attuale) che si trovava sul lato destro dell’attuale edificio era già dedicata a questo santo. Di tale edificio non esistono tracce murarie o documentali.
L’attuale edificio fu costruito dai Padri della “Compagnia di Gesù” meglio noti come “Gesuiti”, dal 1714 al 1716, e dedicata a S. Ignazio di Loyola (fondatore dell’ordine).
Il progetto fu di Andrea Pozzo (gesuita, architetto, pittore e decoratore) Oltre al progetto l’intero onere per la costruzione venne completamente elargito dai Gesuiti.
Le cronache del tempo citano che nella notte di Natale del 1716 alla presenza di molti fedeli e autorità cittadine venne celebrata la prima messa solenne cantata.
Accanto alla chiesa (dove oggi vi è il “palazzo dei pavoni” venne eretto anche il “Collegio” dimora dei Padri e degli studenti che era in diretto collegamento con la chiesa.
Ancora oggi sono visibili sul lato sinistro sotto la balaustra che circonda l’interno dell’edificio delle finestrelle ovali con grate dorate che permettevano di assistere alle funzioni religiose senza scendere in chiesa in quanto un corridoio (ancora esistente) collegava appunto il collegio alla chiesa. (FOTO)
I Gesuiti dovettero lasciare Savona per effetto della bolla di papa Clemente XIV del il 21 luglio 1773, con la quale la compagnia di Gesù venne soppressa e allontanata da quasi tutta l’Europa. Solo Pio VII nel 1814 restaurò l’ordine religioso.
Al loro posto nella chiesa e nel collegio si installarono i “Padri della Missione” noti anche come i “Lazzaristi”.
Anche loro dovettero lasciare la chiesa e il collegio con l’arrivo di Napoleone che soppresse tutti gli ordini monastici.
Fu nel 1812 che Pio VII ripristinò la chiesa al culto con il suo primo nome: S. Andrea Apostolo.
Il riassetto urbanistico di Savona avvenuto tra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento per la costruzione di via Paleocapa determinò due cambiamenti importanti: la scomparsa del “collegio” annesso alla chiesa e l’abbassamento della sede stradale per cui fu necessaria la costruzione della doppia scala in marmo che permette l’accesso alla chiesa. (FOTO)
Visitiamo la chiesa
La scalinata (rif. 1 della mappa): la doppia scalinata confluente nel ballatoio davanti al portone è dei primi anni del ‘900, come si è detto nelle notizie storiche. (FOTO)
La facciata: completata nel 1720 (quattro anni dopo l’edificazione della chiesa) è divisa in due livelli. (FOTO)
Nel primo livello vi sono colonne e lesene che sostengono l’architrave e nel secondo una serie di pilastri che incorniciano una grande finestra. L’edificio è dominato a sinistra dal campanile con una cupola a cipolla (uno dei pochi esempi in Liguria). (FOTO)
L’interno (rif. 2 della mappa): la chiesa ha una sola navata, chiusa, al fondo, dal presbiterio. FOTO
Dal presbiterio si dipartono i dipinti murali che, occupando tutta la volta, rappresentano i fatti importanti della vita di S. Ignazio di Loyola (23 ottobre 1491 circa – Roma, 31 luglio 1556), fondatore dei Gesuiti rappresentato insieme ai principali artefici della Compagnia di Gesù. In calce a questa demo trovi il filmato relativo alla volta della chiesa. Il filmato della durata di circa 10 minuti porta la descrizione originale di Tomaso Torteroli (storico savonese) rinvenuta in un suo testo del 1864.
L’opera pittorica della volta è di Sigismondo Betti (1700-1784) un artista fiorentino molto noto all’epoca che impiegò molti anni per realizzarla (venne infatti completata nel 1741). Le altre parti affrescate (colonne, trompe d’oeil delle cappelle e delle nicchie, dorature) sono opera di Marco Sacconi, anche lui fiorentino.
Abside (rif. 6 della mappa): qui si possono vedere dietro l’altare i tre affreschi che declamano i miracoli di S. Ignazio (allontanamento di demoni da giovani donne [notare le fiammelle e il diavoletto che esce dalla bocca delle fanciulle] sia il ritorno in vita di un bimbo appena defunto) (FOTO). Il coro ligneo è della seconda metà dell’ottocento. Un particolare importante di questa chiesa è legato alla capacità ingegneristica dei Gesuiti che curarono anche i particolari acustici. Infatti la sonorità è fortemente esaltata in tutta la chiesa e aumentata dalle quattro cappellette che fungono da “casse di risonanza”. L’assenza di colonne e navate laterali come anche di una o più cupole accentua la diffusione di una sonorità “pulita”. Tale caratteristica viene valorizzata ancora oggi in quanto S. Andrea è sede abituale di numerosi di concerti vocali e strumentali.
Subito dopo l’ingresso a sinistra (rif. 3 della mappa) vi è il “fonte battesimale”. Sulla vasca bilobata è stata aggiunta un’opera lignea, di autore anonimo, a forma di tabernacolo con quattro porticine, opera databile intorno alla seconda metà dell’ottocento, raffigurante il “battesimo di Gesù e San Giovanni Battista”. (FOTO)
Accanto (rif. 4 della mappa) vi è la cappella “dell’Immacolata” con il quadro del savonese Agostino Ratti (1699-1775), dal titolo “Immacolata Concezione adorata da San Francesco di Sales e attorniata da angioletti” del 1749. Quadro ricco di simbologie: notare le dodici stelle che formano il diadema sul capo, il diavolo immaginato come una serpe che tiene in bocca una mela mentre gli angioletti sono putti paffuti e festanti (uno tiene in mano un libro aperto con la scritta…). Particolare curioso: la piastrella chiara in basso a destra contiene il nome dell’artista, la sua data di nascita e l’età in cui ha dipinto il quadro (Ioan. Augustinus Rattus – Pictor Saunensis Faciebat – Ianue Anno 1749 – aetatis suae ann: 50) (FOTO)
Sempre sullo stesso lato più avanti (rif. 5 della mappa) la cappella della “Madonna del Buon Consiglio), dove è sistemata la tela raffigurante la Madonna con Gesù infante e ai piedi il committente). L’opera è attribuita a Defendente Ferrari (circa1485-circa1861). Questo quadro si trovava nella chiesa agostiniana di S. Stefano di fronte alla “Torretta”, al porto. La chiesa, come tante altre, venne chiusa al culto durante il periodo napoleonico e divenne un deposito del sale scaricato dalle navi che attraccavano in porto.
Nel 1938 venne abbattuta per far posto al “grattacelo” che si trova prospicente alla Torretta. Sconsacrata la chiesa ai primi dell’800 il quadro venne traslato in questa sede. Il dipinto che fa da cornice all’opera del Ferrari è invece di Giuseppe Bozzano, un pittore minore savonese (1815-1861). (FOTO)
L’ambone e il presbiterio: (rif. 6 della mappa) è stato ampiamente rimaneggiato. Sono del 700 i due piccoli palchetti laterali all’altare con i quattro putti in legno di pregevole fattura (FOTO). Mentre il palchetto di sinistra (come anche quello sovrastante, con la grata in oro) era riservato alla nobiltà settecentesca che frequentava le funzioni, il palchetto di destra racchiude la tastiera dell’organo. L’organo attuale è un “Desiglioli” della fine dell’ottocento. Già al tempo dei Gesuiti quella fu la primitiva sede dell’organo che presenta una curiosità. Per rispettare la simmetria prospettica le canne sono sia a sinistra sia destra. Quelle attive sono solo quelle sopra alla tastiera mentre le altre di rimpetto sono “false canne” in legno (FOTO)
L’altare principale è opera dei primi dell’ottocento mentre il tabernacolo e la statua di S. Andrea sovrastante l’altare sono del 198, dono di una famiglia savonese. (FOTO)
Il crocefisso a sinistra della balaustra di scuola savonese dei primi ‘800 ha reminiscenze settecentesche e poggia su un capitello forse proveniente dall’antica cattedrale di Savona posta sulla rocca del Priamar (circa 1300-1400).
Procedendo si incontra (rif. 7 della mappa) la Cappella dedicata a S. Francesco Saverio, il cui nome per intero è Francisco de Jasso Azpilicueta Atondo y Aznares de Javier. Il quadro raffigura il co-fondatore dei Gesuiti nell’atto di offrire la città di Savona alla Madonna. Questo quadro, opera di Angelo Benedetto Rossi (1694-1755) presenta due caratteristiche importanti: la più evidente è la città di Savona, rappresentata come era agli inizi del 1700 e la seconda è un segno caratteristico dei Gesuiti: portare il crocefisso nella cintura come se fosse una spada. Questo a memoria della loro origine di impronta militare.
Un altro particolare è la raffigurazione, nella volta della cappella dove Sigismondo Betti, immortala il cosiddetto “miracolo del granchio”. Si narra infatti che S. Francesco Saverio durante la sua permanenza nell’isola di Tonga perdesse il crocifisso in mare e sarà appunto un granchio che lo raccoglie e glielo restituisce.
Segue la quarta cappella laterale (rif. 8 della mappa) dedicata ai Padri della Missione. Qui si vede san Vincenzo de’ Paoli con una suora che assiste malati e moribondi. il dipinto è di Paolo Gerolamo Brusco, pittore tra i più importanti di Savona (1742-1820) e viene inserito su altro dipinto, andato perso, dopo l’arrivo dai padri della Missione subentrati ai Gesuiti. (FOTO)
Sempre in questa cappelletta si possono vedere due nicchie che racchiudono una S. Antonio da Padova (autore ignoto, databile intorno alla fine del 700) e nell’altra una raffinata scultura marmorea raffigurante la Madonna della Misericordia con il Beato Antonio Botta, attribuita a Antonio Brilla della seconda metà dell’800.
Conclude la visita della chiesa la “grotta di Lourdes” (rif. 9 della mappa). È una rielaborazione della grotta originale, creata nel 1900, con un piccolo frammento della grotta francese. Non ha un grande valore artistico ma è un importante riferimento di fede per quanti frequentano la chiesa.
Un altro particolare è visibile sopra la porta principale. Nella lunetta è rappresentata la deposizione di Cristo. Il quadro venne inserito dai Lazzaristi, sopra all’affresco che rappresentava Ignazio di Loyola durante la convalescenza nella grotta di Manresa (Spagna) in cui ebbe la conversione. Nella lunetta, ora nascosta, vi è la firma dell’autore di tutti gli affreschi: Sigismondo Betti.
La Sacrestia (rif. 10 della mappa) non è attualmente aperta al pubblico per lavori di ristrutturazione. L’apparato ligneo è della seconda metà dell’800. (FOTO) Vi si raccoglie: l’antico tabernacolo dell’epoca gesuitica (FOTO)e in una nicchia del mobile principale è posta una statuetta della Madonna della Misericordia con Angeli e il Beato Botta (opera dell’artista savonese Brilla), in altro armadio una serie di pastori sempre dello stesso autore (FOTO) e poco oltre una serie di reliquari. I quattro reliquari di maggior pregio (FOTO) sono un omaggio fatto da Orazio Grassi (Savona, 1º maggio 1583 – Roma, 23 luglio 1654), gesuita, astrologo, ingegnere, matematico, architetto che li donò nel 1623 per onorare l’arrivo dei confratelli nella sua città natale. Gli altri quattro reliquari sono settecenteschi (FOTO). Sempre nella sacrestia vi sono importanti paramenti sacri del 700 e 800 (alcune FOTO).
Caro Ospite
qui si conclude la visita della chiesa di S. Andrea Apostolo.
Speriamo di averti ancora con noi.
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Grazie
can. Piero Giacosa
parroco